La tenerezza di Gesù per gli esclusi e gli emarginati: la peccatrice perdonata (Lc.7,36-50) e la Samaritana (Gv.4,1-42)
Introduce: Prof. Simone Olianti, psicologo e docente di Psicologia della Religione
Trascrizione dalla registrazione senza la revisione dell'autore. Un grazie sentito ad Elisabetta per la collaborazione.
Sabato 18 Aprile 2015 a S.Maria a Marciola
La tenerezza di Gesù per gli esclusi e gli emarginati:
la peccatrice perdonata (Lc 7,36-50) e la Samaritana (Gv 4,1-42)
Ascoltiamo con attenzione Luca 7,36-50. Questo è uno dei testi più alti del Vangelo ed uno dei più belli, e lo ha soltanto il vangelo di Luca. Dante ha chiamato Luca “lo scriba della tenerezza/della dolcezza di Cristo”. Luca raccoglie la predicazione dei primi apostoli, soprattutto di Paolo, non faceva parte dei 12, ma il suo è uno dei vangeli più ricchi perché ci dà questo volto di misericordia di Gesù e di D-o.
Nell’intestazione di questi incontri c’è una frase di san Gregorio Magno, che non è stato solo un grandissimo papa e padre della chiesa ma anche un uomo che scrutava e amava le scritture. Questa frase è “impara col cuore di D-o e le Sue parole”. Questo è il cuore di D-o: le ho molto perdonato perché molto ha amato.
Prima di commentare questi testi devo fare una lunga premessa perché questi testi ci sconvolgono poco perché conosciamo poco il contesto storico e culturale in cui sono stati tramandati, prima oralmente e poi messi per scritto. I vangeli non sono stati scritti subito, sono passati dai 15-20 anni ai 50 anni dopo la morte di Gesù prima che la redazione fosse completata. E poi sono stati riconosciuti come canonici solo i 4 che leggiamo in chiesa.
In realtà più si studiano le scritture più ci si meraviglia della capacità di Gesù di andare oltre il sacro, oltre il culto, oltre la religione così come era intesa e vissuta dai farisei, dai sadducei in quei tempi.
La fede cristiana si regge su 3 piedi:
- la lectio divina: lo studio amoroso delle scritture, l’ascolto amoroso delle scritture. La rivelazione nella tradizione cristiana si compie con la morte dell’ultimo apostolo. Per questo anche se la chiesa ha riconosciuto come autentiche le rivelazioni private fatte a Lourdes o a Fatima, non obbliga nessun cristiano a credere in queste rivelazioni, ma solo in quello che si professa nel Credo, nel simbolo apostolico, quello è il deposito della nostra fede.
- eucarestia e sacramenti.
- la koinonia, cioè la comunione coi fratelli nella dimensione della carità, dell’agape.
Quindi sganciare la classe cristiana da questo tripode rischia di far finire in un pragmatismo pelagiano. Il pelagianesimo è stata una eresia molto forte nei primi secoli della chiesa. Pelagio era un vescovo che accentuava fortemente l’impegno personale, l’impegno nelle opere a prescindere dalla grazia, diceva che non era la grazia divina che ci salvava ma le opere in cui uno si impegnava. Per cui è stata un’eresia molto perniciosa per cui si fa tutto da noi e non c’è bisogno della grazia di D-o.
L’altro grande rischio in cui siamo incorsi e ne subiamo ancora oggi il peso e le conseguenze è il moralismo. Il cristianesimo ha una morale, non c’è dubbio, ma non è una morale. Questo è il punto. Invece se andate fuori da una chiesa e fate 10 domande alla gente che esce dalla messa su che cos’è il cristianesimo probabilmente vi dirà cose che hanno a che fare o con il pelagianesimo o con il moralismo.
Sapete da dove nasce la morale cristiana? La morale è la vita nuova in Cristo, è essere “creature nuove” come dice S.Paolo. Nel capitolo 8 della epistola ai Romani Paolo, dopo aver parlato delle opere della legge, parla della Vita nello Spirito “coloro che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di D-o” e poi nella epistola ai Galati parla delle “opere della carne” che sono l’odio, la gelosia, l’impurità, l’avarizia, l’idolatria, l’ira, e parla del “frutto dello Spirito” (Gal 5) al singolare, come a dire che il frutto dello Spirito o ce li hai tutti o non ce ne hai nessuno: “il frutto dello Spirito è amore, pace, mitezza, gioia, dominio di sé, magnanimità, benevolenza”. Questa è la vita dello spirito, la vita nuova. La morale cristiana nasce da qua.
I padri, da san Girolamo in poi, fanno un’affermazione molto forte. Soprattutto San Girolamo che è colui che ci ha dato la Scrittura nella lingua latina, del popolo, del volgo infatti vive chiamata “volgata”. Lui ha tradotto i testi mentre faceva il monaco nel deserto della Palestina, dal greco e dall’ebraico, in cui la bibbia è scritta. San Girolamo scrive: “meglio una prostituta umile, che una vergine orgogliosa che giudica tutti gli altri” in riferimento a questo testo.
Noi oggi ascolteremo 2 testi rivoluzionari, non nel senso politico del termine, ma strepitosamente rivoluzionari e quando poi vi avrò detto che cosa era la donna ai tempi di Gesù, vi renderete conto di quanto sia davvero strepitosa questa pagina e forse ancora di più, quella della samaritana che leggeremo dopo.
Come leggere le Scritture? La Scrittura non è un romanzo. Se prendete la bibbia e cominciate a leggerla dalla Genesi come se fosse un romanzo, state freschi, e a pagina 50 vi fermate scandalizzati: già nel quarto capitolo c’è un fratello che uccide l’altro fratello, incesti, ubriachezze, sodomie, una madre che trama contro il figlio maggiore per far dare l’eredità al figlio minore….
Capite che se uno legge questa roba con un orecchio un po’ moralistico, dice: che roba è? Perché uno pensa che la bibbia sia un libro devozionale, religioso, no, nella scrittura ci sta il cuore dell’uomo, nella bibbia ci sta tutta la vita dell’uomo con la sua ricchezza e tutta la sua fragilità. Questa è la cosa straordinaria: ci sta tutto l’uomo.
Ecco perché la chiesa non ha mai consentito la libera interpretazione della bibbia, addirittura nemmeno i preti leggevano tutta la bibbia intera. A partire dal concilio di Trento fino al Concilio Vaticano II, le Scritture sono state ad appannaggio esclusivo dei monaci, neanche i preti le studiavano e facevano “la predica” (non l’omelia, che è un’altra cosa, ma facevano la predica) cioè facevano un’applicazione moralistica di qualche pezzettino delle Scritture. Quindi capite che in questi secoli la Parola perde tutta la sua forza, la sua effervescenza, la sua capacità dinamica di trasformazione della vita, perché la Parola ha questo potere di trasformare la nostra vita. Soprattutto delle parole così belle e forti come quelle di oggi.
Cominciamo ad entrare un po’ dentro il testo. Però prima di vedere cosa ha da dire oggi a noi perché è questo l’obiettivo: vedere come questa parola si cala nella nostra vita e quale vita e speranza ha per noi, bisogna capire cosa significava per un ebreo, quello che ha fatto Gesù e quello che ha fatto questa donna, 2000 anni fa.
Oggi si parla di 2 donne: una peccatrice e la samaritana nel secondo testo di Giovanni. La peccatrice sappiamo che era una prostituta perché “era di quella città” e “città” significava poche centinaia di abitanti per cui lo sanno tutti cosa faceva. L’altra è una samaritana, che erano i più odiati dagli ebrei, più ancora dei goim, erano degli eretici, degli scismatici per cui questa era una donna, una pubblica peccatrice (perché va a mezzogiorno a prendere l’acqua al pozzo), che aveva avuto 5 mariti, eppure Gesù si rivela pienamente a queste 2 donne. E’ strepitoso, anzi addirittura, i padri della chiesa chiamano questa peccatrice (che non è Maria di Magdala) “l’apostola degli apostoli”. Mentre la samaritana prima si fa lei discepola e poi comincia a evangelizzare gli altri, e diventa l’evangelizzatrice, perché l’amore del nuovo testamento, l’agape, è la pienezza della Legge. Che cos’era la Legge per un ebreo? Era il suo sentiero, la sua guida, la sua ispirazione, la sua fonte. C’erano due gruppi religiosi molto forti ai tempi di Gesù che si dividevano il potere: i farisei e i sadducei. E fra di loro non se la intendevano. I farisei erano la setta più forte. E Luca dice “Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui”.
Chi erano i farisei? Gesù li chiama “sepolcri imbiancati”, “razza di vipere” ma in realtà erano il gruppo religioso più colto, erano i custodi della purezza della Torà. Erano estremamente ostili a Gesù perché evidentemente Gesù scompaginava tutta la loro visione della religione e concepivano l’osservanza della legge in maniera molto rigida. All’interno dei farisei c’è un altro gruppo, quello degli scribi contro cui Gesù si scaglia soprattutto nel vangelo di Matteo, perché Matteo era un pubblicano (cioè era un ebreo che riscuoteva le tasse per i romani ed erano molto odiati perché i romani gli appaltavano la riscossione delle tasse, e volevano una certa cifra ma non gli interessava quanto i pubblicani si mettevano in tasca, per cui era un sistema di strozzinaggio tremendo), ci si contaminava a toccare un pubblicano per cui occorreva fare tutta una serie di riti e di abluzioni per purificarsi. Il concetto di impurità era molto forte nell’ebraismo. I modi in cui ci si contaminava di più erano i cibi (il cibo deve essere kosher per non contaminarsi), la lebbra, e ci si contaminava toccando i morti e questo spiega il motivo per cui nella parabola del samaritano il sacerdote e il levita non si sono fermati a soccorrere l’uomo caduto in mano ai briganti, perché si sarebbero contaminati! E quindi avevano perfettamente ragione secondo la Torà a non fermarsi. E Gesù chi sceglie come persona che si ferma? Un samaritano. Il più odiato dagli ebrei in assoluto. Non c’è categoria più odiata di quella dei samaritani. Sentite cosa dice il libro del Siracide (che è l’ultimo libro della Scrittura, scritto ai tempi di Gesù) al capitolo 50: “due popoli odio e il terzo non è neanche un popolo, è gente stolta che vive a Sichem” (sono i samaritani).
Gli scribi “stanno alla Torà come la corte costituzionale sta alla costituzione” cioè erano i custodi dell’interpretazione della Torà, erano gli unici autorizzati a copiare i testi. E quindi erano gli unici custodi dell’ortodossia della Torà. Erano gli intellettuali, gli studiosi del giudaismo. Gran parte degli scribi erano farisei che aderivano quindi ad una interpretazione rigorosa della legge e con la loro interpretazione rigorista imponevano gravi pesi, dice Gesù che “chiudono il regno dei cieli a chi ci vuole entrare”. Sono quelli che filtrano il moscerino, però ingoiano il cammello, come dice Matteo.
Evidentemente si scandalizzano della consuetudine di Gesù di stare insieme ai pubblicani e ai peccatori, perché si contaminava andando a cena da loro, si scandalizzavano del suo non osservare il sabato operandovi guarigioni. Pensate che ancora oggi gli ortodossi per spengere le luci al venerdì sera (quando comincia lo shabbat, che inizia con il tramonto del giorno prima, come per noi la domenica inizia con i primi vespri del sabato) c’è un ragazzo non ebreo che va in casa degli ebrei a spengere le luci. E saranno i farisei che attenteranno alla vita di Gesù. Gesù li chiamerà “sepolcri imbiancati”. Le parole più dure di tutto il Nuovo testamento sono contro di loro: non fate entrare e scandalizzate i più piccoli, scandalizzate i piccoli con una interpretazione così rigida e legalista che gli impedisce di accedere alla grazia, alla misericordia di Dio. Avete presente l’episodio del cieco nato, quando i farisei lo vogliono scomunicare: “tu sei nato nei peccati e vuoi insegnare a noi, che siamo i detentori della legge?”, questo vuol dire scandalizzare i piccoli.
Il testo dice “uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui”. I farisei erano soliti invitare i bravi predicatori della Parola a mangiare da loro. Dovete sapere che i maschi mangiavano rigorosamente da soli (le donne mangiavano da un’altra parte) “ed ecco una donna”, non è chiamata per nome, ma si è pensato che fosse Maria di Magdala perché nel capitolo 8 è scritto che “Gesù se ne andava per villaggi a predicare la buona notizia... e c’erano con lui i 12 e alcune donne” (già che ci fossero al suo seguito delle donne è una cosa assolutamente nuova) “che erano state guarite da infermità, Maria di Magdala dalla quale erano usciti 7 demoni” (7 vuol dire la totalità per cui vuol dire che era una proprio messa male), e pensate che Maria di Magdala è definita dalla chiesa “apostola degli apostoli”. E’ la prima testimone della resurrezione di Gesù, nonostante le donne non potessero testimoniare in tribunale.
Come era la condizione della donna ai tempi di Gesù? Dobbiamo domandarcelo perché da qui si capisce la grandezza di questo testo. Nell'antico medio oriente le donne non avevano i diritti delle persone libere. Certamente la donna semita era la madre, colei che partoriva i figli, che doveva stare dietro ai figli e che lavorava in maniera molto dura (doveva macinare, fare il pane, procurare l'acqua al pozzo 2 volte al giorno, procurarsi il combustibile per fare il fuoco, filare, tessere... e spesso nei momenti di maggior bisogno prendere parte ai lavori dei campi). Nell’antico testamento la donna era considerata “proprietà” del marito (proprio come l’asino, il bue e i campi secondo Esodo 20), solo i diritti del marito potevano essere violati non quelli della donna. La donna a differenza dell’uomo non aveva l'obbligo di frequentare il tempio, ancora oggi nelle sinagoghe le donne hanno un loro posto: il matroneo, non stanno nell’assemblea con gli uomini.
Cosa facevano le prostitute ai clienti? Appena arrivavano sporchi di terra per il cammino, gli lavavano i piedi, poi glieli profumavano, glieli ungevano e poi consumavano l’atto sessuale. Questa donna ha fatto a Gesù quello che sapeva fare meglio e a Gesù è bastato questo. Questa donna ha fatto i gesti del suo mestiere, sapeva fare solo questo, ma questo è bastato alla grazia.
Una donna non poteva essere discepola, addirittura non poteva accostarsi alla Torà e studiarla. Le donne erano analfabete, gli yeshiva erano riservati agli uomini e vi si studiava la Torà e i commenti ai testi sacri che gli ebrei chiamano Talmud e quindi il discepolo è il “talmid”, gli apostoli erano i 12 talmid che seguivano il rabbì Gesù, rigorosamente maschi. Rabbi Eliezer che era uno dei rabbini più influenti, contemporaneo a Gesù, scriveva “un padre che insegna la Torà alla propria figlia è come se le insegnasse cose sporche”. Nella preghiera che l’ebreo recita la mattina appena si alza si dice “benedetto sei tu signore Dio eterno che non mi hai creato animale, benedetto sei tu signore Dio eterno che non mi hai creato schiavo, benedetto sei tu signore Dio eterno che non mi hai creato donna”
La donna non poteva predicare e questo si sente risuonare anche nelle epistole paoline: “alle donne proibisco di parlare nell’ecclesia(nell’assemblea)” questo è un retaggio della cultura ebraica.
Tutto parte da una interpretazione di Genesi 3 del racconto della creazione “Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo” se la donna è tratta da una “costola dell’uomo” la donna non può che essere una parte dell’uomo, in realtà il testo ebraico non dice costola dice “zelà” che è “il tuo lato, il tuo fianco” perché l’uomo si sente solo e dal suo zelà, dal suo lato trae la donna. Sono stati i 70 che hanno tradotto in greco (la lingua più parlata nel bacino mediterraneo) la Genesi che hanno tradotto “zelà” in “costola”. Nel libro del Siracide al capitolo 42,14 (che risente molto della cultura greca contemporanea a Gesù) sta scritto “meglio la cattiveria di un uomo che la bontà di una donna”.
Gesù è davvero il primo che dà dignità alla donna, piena dignità. Lui si lascia toccare dalla peccatrice, si rende impuro.
La donna non poteva testimoniare in tribunale. Sapete perché l’ottavo comandamento era così importante? Noi cattolici l’abbiamo ampliato in “non mentire” ma nel decalogo è “non pronunciare falsa testimonianza”. Perché era così importante non pronunziare falsa testimonianza? perché per andare alla forca bastava pochissimo: bastava che due testimoni, maschi, si mettessero d’accordo per dire che quell’uomo aveva frodato ed era lapidato! La testimonianza della donna però non aveva valore eppure il risorto appare a delle donne.
Affinchè la preghiera liturgica sia valida occorre che ci siano almeno 10 uomini maschi, se ci sono 9 uomini e una donna, non c’è il numero minimo per poter fare la preghiera liturgica. Sapete da dove viene il numero minimo di 10? Da Gen 18,20 quando Abramo intercede per il popolo fino a far dire a D-o “se si troveranno almeno 10 giusti non colpirò la città di Sodoma”.
Se una donna non era vergine il fidanzato poteva ripudiarla. L’uomo poteva non esserlo e spesso non lo era, ma se sospettava che la donna non fosse pura durante l’anno del fidanzamento, poteva ripudiarla. Ripudiarla era una cosa molto grave perché significava esporre quella donna ad una forma di vedovanza a vita.. perché una donna ripudiata non la voleva nessuno. E’ quello che succede a Giuseppe e Maria.
Se una donna commette adulterio il libro della legge prevede la morte per lapidazione. Ricordate in Gv 8 la donna adultera che viene portata a Gesù, per metterlo alla prova? E’ fortissimo Gesù, perché non scavalca la legge, non la tradisce, ma dice “chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra”.
Nel Talmud (che sono i commenti dei rabbini alla Torà) c’è scritto “'È meglio bruciare la Torah che darla in mano a una donna” e “se un rabbino parla con una donna.. percorre la via verso l’inferno” (ecco perché i discepoli si stupiscono che Gesù parlasse con una donna al pozzo di Giacobbe!)
Questa era la condizione della donna ai tempi di Gesù. E ora si capisce meglio la potenza di Gesù!
La samaritana era un’eretica, una scomunicata perché i samaritani dopo la conquista di Samaria da parte degli Assiri nel 722 furono deportati e subirono la prima Shoah della storia, e in sostanza si contaminarono con il culto degli Assiri di Baal e quindi si fanno un monte per conto proprio, (il monte è il luogo della teofania di Dio). Questa impurità li aveva in qualche modo contaminati e resi odiosi agli occhi degli ebrei ortodossi.
Il testo dice che la donna “fermatasi dietro, si rannicchiò ai suoi piedi”. Questa donna si mise ai piedi di Gesù non soltanto perché si mangiava in terra (e non sui tavoli) e spesso coi piedi verso l’esterno visto che si prendeva il cibo dal centro del tappeto dove c’era un grande recipiente, ma anche perché “mettersi ai piedi” è un’espressione tecnica che indica il farsi discepolo. Ricordate Lc 10 quando Maria si mette ai piedi di Gesù. E’ lo stesso gesto. Eppure era proibito alle donne farsi discepolo! Ma Gesù dice: “Marta, Marta tu fai un sacco di cose belle e buone ma Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà tolta.” E qual è la parte migliore? Mettersi ai piedi del maestro, farsi suoi discepoli.
Questa donna “cominciò a bagnarli di lacrime” gesto di squisita ospitalità quello di dare l’acqua per i piedi e “li asciugava con i suoi capelli” gesto scandaloso perché le donne ebraiche scoprono i capelli soltanto davanti al marito, perché i capelli rappresentano la sensualità. Infatti questa donna cosa fa? Fa gli stessi gesti che faceva di mestiere coi clienti: “li baciava, li cospargeva di profumo”
“Vedendo questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!". “ Il fariseo sospetta di aver preso una cantonata a crederlo un maestro! Gesù che intuisce quello che pensava Simone, lo chiama per nome, è interessante! E si chiama “Simone” è strano perché Simone viene dal nome “shamai” “ascoltare”
Come al solito Gesù non gli fa una predica ma racconta una storia, perché le storie sono molto più potenti delle prediche, le metafore sono molto più potenti. Anche nel lavoro terapeutico si usano molto i simboli, le metafore perché se ad una persona spieghi perché lei fa così, alla fine lei ti dice “grazie dottore” va via e sta peggio di prima perché la predica non innesca nessun cambiamento. La metafora è una storia potente che innesca un cambiamento. Gesù non gli dice “Simone non hai capito nulla del cuore della legge che è l’amore” ma gli racconta una storia, ce lo fa arrivare!
“Allora gli disse: "Simone, ho da dirti qualcosa". Ed egli rispose: "Di' pure, maestro". "Un creditore aveva due debitori:” quando si parla di denaro agli ebrei si aprono subito gli orecchi “uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?". Simone rispose: "Quello a cui ha condonato di più". Gli disse Gesù: "Hai giudicato bene"“
Glielo fa dire a lui!
“E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato il bacio della pace”
Quando gli ebrei si salutano si danno il bacio della pace, anche Paolo lo dirà nelle sue epistole: “scambiatevi il bacio santo della pace” è la tradizione di scambiarsi lo shalom, la pace.
“lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati”
Ecco, un conto sono i profeti, un conto è Gesù Cristo. Solo D-o perdona i peccati.
Quando l’anno scorso abbiamo fatto l’incontro sul discernimento vi dicevo che bisogna memorizzare il gusto del perdono. Il discernimento è la memoria del gusto del perdono, perché solo D-o perdona, soltanto D-o è capace di ricrearti nuova creatura.
“le sono perdonati i suoi molti peccati perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco” è quello precisino, rigoroso, “stitico”, lui “ama poco". Quando abbiamo trasformato il cristianesimo in una religione da stitici, non si è goduto noi e non si è fatto godere chi ci stava accanto. Questa pagina è profondamente rivoluzionaria, ma non nel senso come la intendevano nel ’68 che Gesù sta dalla parte dei proletari, ma perché ti cambia dal di dentro, perché è capace di rovesciarti la vita come un calzino, perché se tu sperimenti nella tua fragilità, nella tua miseria, nel tuo senso di indegnità, il perdono, tu ti trasformi.. Guardate, che chi fa il mio mestiere si confronta tutti i giorni con quel talebano che c’è dentro di noi, che ci butta bombe dal mattino alla sera e che ci fa sentire indegni di stare al mondo, e ci dà questo profondo senso di inadeguatezza
“Poi disse a lei: "Ti sono perdonati i tuoi peccati". Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: "Chi è costui che perdona anche i peccati?". Ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata (=la tua fiducia ti ha guarita); va' in pace!".
Il testo della samaritana è lunghissimo: occupa praticamente tutto il capitolo 4 del vangelo di Giovanni. Io vi dico soltanto poche cose.
Gesù doveva passare per la Samaria. Sapete che i samaritani ci sono ancora? sono soltanto poche migliaia, hanno soltanto la Torà (i primi 5 libri), hanno le loro celebrazioni liturgiche e si ritrovano sul Garizim.
“qui c’era il pozzo di Giacobbe” il pozzo nella scrittura è il luogo dell’appuntamento amoroso. Isacco conosce Rebecca al pozzo, Giacobbe si innamora di Rachele al pozzo. Gesù aspetta questa donna al pozzo, al luogo dell’incontro amoroso, come se le desse un appuntamento.
“era verso mezzogiorno” perché Giovanni dice l’ora? Nei vangeli non c’è una parola in più, se c’è è perché ci deve stare e se c’è bisogna capire perché c’è. Ve lo immaginate nel deserto della Samaria, con quel caldo, andare a prendere l’acqua a mezzogiorno? Questa donna va a mezzogiorno perché si vergognava, e vedremo dopo il perchè.
“dammi da bere” è lui che le si rivolge, e comincia un dialogo molto bello, su due livelli: la donna parla ad un livello e Gesù ad un altro livello, solo quando le dice qualcosa sulla sua vita, i livelli si incontrano. Un po’ come succede a noi: quando è che la religiosità si trasforma in fede? Quando i due livelli si incontrano, quando questa parola ti entra nella vita, quando questa parola ti tocca nei tuoi affetti, nei tuoi sentimenti, nelle tue fragilità, nel tuo rapporto con il lavoro, con i soldi, con gli altri… quando questi 2 livelli si incontrano si passa dalla religiosità cultuale alla fede. Ma se questi 2 livelli non si incontrano si rimane su un piano puramente religioso, di osservanza di un rito ma non c’è una fede viva.
Questo dialogo parte da dei fraintendimenti.
“se tu conoscessi il dono di Dio” qual è questo dono di D-o?
Tu sei nel tuo quotidiano, nella fatica di tutti i giorni, andare al lavoro, cucinare, lavare e Gesù ti dice “se tu conoscessi il dono di Dio. Tu stessa glielo avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva”. Ma la donna non capisce e replica sulle caratteristiche del pozzo.
“Rispose Gesù: chiunque beve di quest’acqua avrà ancora sete ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete ANZI l’acqua che io gli darò diventerà in lui SORGENTE di acqua che zampilla per la vita eterna”
Il testo è chiarissimo, il pozzo diventa sorgente, il pozzo dove c’è l’acqua che finisce diventa sorgente dove l’acqua non finisce.
Perché tante volte i nostri rapporti affettivi sono così deludenti e così faticosi?
Perché l’altro non ha una sorgente, ha un pozzo! e quando quell’acqua finisce, finisce, non è una sorgente, quell’acqua lì non ce la può avere tuo marito/tua moglie o i tuoi figli, ma non perché sono cattivi ma perché non sono D-o!
E quando tu chiedi loro quest’acqua per la vita eterna è come se tu gli chiedessi di essere D-o! Non è possibile, la loro acqua finisce, non zampilla per la vita eterna. Ecco il dono di D-o!
“Signore dammi di quest’acqua” ancora la donna non ha capito, ma ora Gesù la tocca nel vivo, il cuore cambia solo quando viene toccato nel vivo altrimenti non cambia: “va a chiamare tuo marito… hai detto il vero perché quello che hai adesso non è tuo marito”.
Qui c’è un gioco interessante che viene proprio dalla lingua aramaica, perché baal/baalim era il nome che si dava alle divinità in Samaria (divinità che erano i Signori) ma Baal si poteva usare anche per il marito che era il “signore” della moglie. Quindi questa donna è contaminata dall’idolatria. Siamo noi. E quali sono le nostre idolatrie? Sono i vizi: la gola, la lussuria, l’avidità, l’invidia, la gelosia, la superbia, l’ingordigia, sono i nostri attaccamenti.
Gesù le dà una parola di verità sulla sua vita. Il cuore comincia a cambiare quando ti arriva una parola di verità sulla tua vita e tu percepisci e sperimenti che Lui è l’unico che conosce il tuo cuore in profondità e non ti giudica.
La donna capisce che è un profeta e ne vuole approfittare per sciogliere il dilemma del suo popolo su dove adorare D-o. E Gesù le rivela che “è giunto il momento ed è questo in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità”. Non è la chiesa, non è san Pietro, ma è questa la potenza del cristianesimo. Quando Gesù racconta la parabola del samaritano dicendo che solo un eretico si è fermato, sta dicendo che l’amore è molto più importante della legge, sta dicendo che l’osservanza della legge non è l’ultima parola, sta dicendo che lui stesso si è fatto anatema (cioè si è fatto scomunicare per noi: è morto fuori dalle mura), fino a morire impuro sulla croce, che è la condanna dello schiavo, ricordiamoci che la croce è la morte più ignominiosa: lasciato a morire di asfissia sulla croce, morte terribile.
“adoreranno il Padre in Spirito e Verità” Qui i padri dicono che nello Spirito Santo va adorato il Padre: in spirito e verità.
Anche i samaritani aspettavano un messia, infatti questa donna dice “so che deve venire il messia” (in ebraico messia significa “unto” come Cristo), il messia è l’unto, il consacrato del Signore.
E qui è sconvolgente, Gesù le dice “sono io che ti parlo”. Gesù si rivela ad una scomunicata come Messia. Lo fa con i farisei? Lo fa con sacerdoti del tempio? No. Addirittura agli apostoli dice “non andate a raccontare a nessuno quello che avete visto, non è ancora il momento”.
Nel vangelo di Giovanni viene fuori fortissima la dialettica tra Gesù ed i cultori del sacro (cap. 7 e 8). Gesù nel vangelo di Giovanni si rivela 2 volte come Messia in maniera esplicita: con la donna di Samaria e con il cieco nato.
“la donna intanto lasciò la brocca”: si scorda perfino dei suoi bisogni primari, perché le è successo qualcosa di potente, di grande in lei, e si fa apostola “molti credettero in Lui per le parole della donna”. Una samaritana si è fatta apostola!!
Alla fine il testo conclude:“Ma molti di più credettero per la Sua parola”: la fede viene dall’ascolto. Lo dice anche San Paolo. Ecco perché è così importante ascoltare e perché tutta la liturgia della chiesa cattolica comincia con il salmo 94 (nel mattutino): “se oggi ascoltate la Sua voce, non indurite il vostro cuore”.
Abbiamo fatto un rapido excursus di queste 2 pagine stupende della Scrittura che hanno una potenza straordinaria e ci fanno vedere i 2 livelli diversi tra religiosità e fede. La fede nasce quando vieni toccato nella tua vita, quando vieni risanato, quando memorizzi questo gusto dell’amore e del perdono: le ha molto perdonato perché molto ha amato” (il testo usa il verbo “agapao”) la donna si è data, si è donata, non si è trattenuta per sé.
In Matteo, prima della crocifissione Gesù viene unto, da una donna, con un nardo preziosissimo e dice “questa donna ha fatto una cosa buona: ha sprecato amore”.. ma l’amore non è mai sprecato, questo è il punto. Anzi il problema è che noi se ne spreca poco ecco perché ce ne ritorna poco, noi siamo dei ragionieri dell’amore.
NB: Questa trascrizione non è stata rivista dall’autore e risente dello stile parlato.
(1.17’) CONDIVISIONE:
- Vorrei che spiegassi meglio il discernimento come gusto della memoria del perdono.
Il discernimento è il cuore della vita cristiana. Dicono i padri, che non c’è virtù, neanche la carità, senza discernimento. Nessuna virtù è buona senza discernimento.
Ma come fai ad essere sicuro che quella cosa che hai sperimentato è il sapore, il gusto di D-o? Come lo spieghi che “ci sono tanti cristiani alla finestra” come diceva papa Ratzinger? Perché non hanno capito il vivere con gusto tutte le cose. E come fai ad essere certo che hai fatto l’esperienza di D-o?
Quale è l’unica cosa per cui sei sicuro che quello è il gusto di D-o? Il discernimento serve per arrivare ad avere un gusto così raffinato che quando ti danno un cibo che non è D-o, tu lo sputi, sei arrivato al buon gusto e non lo confondi più. Non si spiega, ma quel gusto non lo confondi più perché ce l’hai nella tua memoria, nella tua memoria sensoriale. Ad esempio se tu usi sempre quel dopobarba, lo riconosci anche se sei nella metro strapiena di gente. Hai memorizzato il gusto. E qual è il gusto di D-o, che non dimentichi più? Che eri a mangiare le ghiande dei maiali, lontano dalla casa di tuo padre, solo, angosciato, defraudato della tua dignità e quando torni Qualcuno ti viene incontro, e ti abbraccia, e ti mette l’anello al dito e fa ammazzare per te il vitello grasso e fa festa… questo non lo scordi più. Memorizzare il gusto del perdono dei peccati, e solo D-o perdona, non la tua moglie, non il tuo marito ma non perché sono cattivi ma solo perché non sono D-o.
Noi bisogna arrivare a questo gusto, a questa memoria. Io grazie a D-o, lo riconosco, perché nella mia fragilità, nel mio peccato io l’ho sperimentato, ho sperimentato questa misericordia, questa tenerezza. Quando gli altri ti dicono che fai schifo e tu stesso ti fai schifo, e non hai neanche il coraggio di andare in paese perché ti additano.. e sperimenti questo amore, non te lo scordi più.
- la frase di Gesù “con l’acqua che io ti darò non avrai più sete” mi suona sempre come contraddittoria, perché non c’è nessun dono che valga per sempre, perfino l’eucarestia non la prendiamo una volta per sempre, ma una volta sperimentata ne sentiamo ancora il bisogno
E’ esattamente quello che dici te. Quando sperimenti il gusto di una acqua diversa che ha il potere di dissetare in profondità, l’altra acqua non ti basta più. Come Bartimeo siamo dei mendicanti di amore, e anche l’eucarestia che è una primizia di vita eterna, ne abbiamo bisogno tutti i giorni, pur essendo introdotti già nella dimensione della vita eterna, ma ha un gusto diverso. Se hai assaggiato questo cibo, hai questa “speranza (di cui parla il papa) che nessuno ti potrà togliere”. Il tuo cuore è fatto per dilatarsi a misura di D-o, e quello che hai non ti basta più. Questo Sant’Agostino lo dice chiaramente: il nostro cuore è inquieto finchè non trova pace in Te. Tardi ti ho cercato, Bellezza, io ti cercavo nelle creature..”
Sant’Ignazio, che è l’unico che ha fatto qualcosa di sistematico sul discernimento, racconta che ha avuto un’esperienza così forte, così profonda della grazia di D-o, della tenerezza, dell’amore di D-o che tutto il resto gli è sembrato spazzatura.
Per cui questo tipo di acqua non contraddice l’altra acqua, di cui avrai bisogno finchè sei viandante su questa terra, ma ti fa gustare un sapore che non ti fa più accontentare solo dell’altra acqua, non ti fa più dire: io mi stallo, mi siedo e mi accontento di quel poco di calore, di poltrona, di comodo… non ti basta più, se sei stato toccato.
Ma la meraviglia è che non si lascia niente per D-o: tutto quello che ti è dato di vivere (tua moglie, il tuo lavoro) diventa il luogo della tua santità, del tuo incontro con D-o, ma senza attaccamento. Quando il vangelo dice “chi non odia suo padre e sua madre, sua moglie, non può essere mio discepolo” significa non che devi odiare tua moglie ma che devi odiare l’immagine che ti sei fatto di tua moglie, quell’immagine per cui tua moglie ti riempie la vita e diventa il tuo dio. Tuo figlio non è il tuo D-o, devi “odiare” questa immagine!! Come è possibile che un D-o che dà la vita, ti chieda di mettere tuo figlio su un altare, legarlo come un capro e tagliargli la gola?
“legami, legami forte, padre mio” e recidi quell’idea che hai di tuo figlio, perchè quel figlio te l’ha dato D-o nella tua sterilità!! Odia quell’immagine lì che ti porta alla nevrosi, alla depressione, a vivere i tuoi affetti in maniera idolatrica come “baalin” (come questa donna che aveva avuto 5 mariti, 5 baalin), perché noi di fatto viviamo i nostri affetti in maniera idolatrica.
In questa logica nuova di bellezza, di speranza tu vivi il rapporto con chi ami, come Cristo ha amato la chiesa. Cristo la ha amata, dando la vita per lei. Questo trasfigura il tuo amore, non è più un amore di un bambino piccino che pretende, che esige, che piagnucola “non mi vuole nessuno”, diventiamo patetici. E con l’età divento più patetico, perché la sensibilità si affina, io non ero così patetico a 30 anni, ed è bello perché dice questa ciccia “tenera” di cui siamo fatti. Così i gesti del quotidiano si trasfigurano, si eternizzano, assumono un significato eterno.
- vorrei condividere la finale dell’episodio della peccatrice lì dove dice: “và, la tua fede ti ha salvato”. Mi pare di vedere una stretta connessione tra la salvezza come remissione dei peccati e di conseguenza tra la fede e l’amore. Si può quindi dire che se c’è amore c’è fede e viceversa?
Gesù non si riferisce alla fede come la intendiamo noi adesso, ma indica la fiducia che tu hai avuto in ME, come figlio di D-o. In quanto tu hai intuito che in me c’è la pienezza della legge che è l’amore, tu vivi questa “fiducia”, questa fede, è la fiducia di chi si affida.
Noi oggi per fede si intende qualcosa che ha a che fare con quello che ci è stato tramandato, cioè coi contenuti della fede. Contenuto della fede che leggiamo nei 2 Credo. E poi c’è la fede come adesione a Gesù. A quei tempi il credere non era una adesione al contenuto del credo, ma adesione a Lui come persona, anche ai suoi gesti sconvolgenti, per quel tempo.
Tutti i segni di guarigione si concludono con questa formula: la tua fede ti ha salvato, quindi con questa adesione a Lui e ai suoi gesti.
Uno dei più bei racconti che ho letto è “l’anticristo” che dice: “cosa abbiamo di più caro noi cristiani?” Cristo stesso, il perdono di Gesù. E la fede nasce da questo incontro con la persona di Gesù che ci tocca, come ha toccato la samaritana, nelle nostre vicende, ma se non sperimentiamo una guarigione profonda, si pratica un culto, una devozione, buona ma la fede è un incontro amoroso, infatti Gesù usa il termine “agapao” per descrivere l’amore di questa donna, verbo agapao che è il verbo che il nuovo testamento usa per dare l’unica definizione che c’è di D-o nella bibbia, nella 1 lettera di san Giovanni, al capitolo 5 si dice che “Dio è amore”. Ecco che la fede nasce da questo incontro amoroso, in cui si sperimenta il gusto della tenerezza di D-o per noi.