Stiamo vivendo da alcuni decenni una situazione molto grave. Le nostre chiese sono sempre più vuote e le nostre comunità frequentate da persone sempre più anziane. Forse, si sta avverando la profezia di Nietzsche quando scriveva che “le nostre chiese sono diventate il sepolcro di Dio! Non sentite la voce di quanti stanno recitando il De profundis a Dio?”. Qualcuno penserà che non è un fatto così drammatico e che bisogna rifugiarsi nell’idea del piccolo gregge. Nell’uno come nell’altro caso sarebbe opportuno rimanere lontani dall’illusione. Il realismo è quanto ci viene richiesto in questo momento e se dobbiamo iniziare un’opera di nuova evangelizzazione ciò significa che qualcosa, probabilmente, negli ultimi decenni non ha funzionato. Non è questo il momento di andare alla ricerca delle cause e iniziare a discutere sui grandi sistemi della trasformazione e del rinnovamento della Chiesa. Ci saranno certamente momenti per fare anche questo, sapendo che il vero rinnovamento prima di essere richiesto agli altri, deve partire da noi.
Ciò che mi sembra importante è considerare che siamo ormai alla vigilia del 50° Anniversario dell’Apertura del Concilio Vaticano II. Da ogni parte si voglia interpretare il Concilio, una cosa è certa: esso è stato un momento importante in cui la Chiesa ha voluto riprendere un linguaggio nuovo per parlare di Dio al nostro contemporaneo. Tutto il suo insegnamento è importante, ma partiva da questo obiettivo e doveva ritornare a questo obiettivo! Come parlare di Dio all’uomo di oggi in modo che di nuovo creda!
La crisi che viviamo è anzitutto crisi di fede. Una crisi che si fa più forte per il profondo analfabetismo riguardo i contenuti della fede e, di conseguenza, un’indifferenza generale per la vita della Chiesa. Se non si conosce Gesù Cristo e la sua Chiesa tutto diventa vecchio. La cultura si rinchiude in un individualismo esasperato, come è possibile notare ai nostri giorni. Domina il primato del diritto individuale a scapito della responsabilità sociale e le relazioni interpersonali si riducono a quelle realizzate alla luce dell’effimero. Davanti a Gesù Cristo, invece, la vita si rinnova. La sfida, probabilmente, è tutta in questo punto: come esprimere la novità cristiana in un periodo in cui tutto sembra ovvio, a partire dal cristianesimo. La novità di Gesù Cristo deve di nuovo toccare la vita personale, entrare con la grande provocazione di sempre: quale senso ha la tua vita? L’amore e il dolore, il successo e il fallimento, l’amicizia e il tradimento… quale è il senso della vita? Senza Gesù Cristo è difficile dare una risposta che sia carica di significato da spingere alla conversione e al cambiamento. Con lui, invece, tutto cambia e si rinnova.
Forse, non siamo più capaci di parlare di Gesù Cristo. Forse, abbiamo dimenticato che il nostro primo compito è annunciare il Vangelo. La bella notizia attesa che può cambiare la vita, solo se tu vuoi! Rendere possibile ed efficace l’incontro con Gesù Cristo e la comunità che vive di lui è quanto compete alla nuova evangelizzazione. Qui non si tratta, in primo luogo, di ricercare la strategia da porre in essere per recuperare i lontani. Qui si tratta anzitutto di recuperare la convinzione e la certezza della fede da parte dei credenti. Se fossero solo le nostre strategie potremmo già “chiudere bottega”, e dichiarare fallimento. Se invece parliamo di un incontro con la persona viva di Gesù Cristo e con la Chiesa, allora è questione di fede e questa ha bisogno di esprimersi secondo la sua logica. In primo piano, dunque, vi è l’obiettivo di un recuperato senso missionario dei battezzati.
Tratto da Zenit